Individuare i campanelli d’allarme di un eventuale problema alimentare può non essere così semplice come si crede ed è una domanda fuorviante in sé perché così come sono molteplici i problemi legati all’alimentazione altrettanto lo sono i campanelli d’allarme collegati ad essi.
Innanzitutto occorre fare chiarezza su ciò che può essere considerato un passaggio naturale di una fase evolutiva e ciò che può essere individuato come disfunzionale, e successivamente tra le problematiche alimentari differenzierei i vari disturbi che impattano con conseguenze estremamente variabili sull’individuo e la sua famiglia. Ciò che non dovrebbe destare preoccupazione ma che spesso aimè diventa un terreno di scontro in numerose famiglie è il rifiuto da parte di un bambino di un cibo o come più spesso accade di una intera categoria di alimenti, anche nei casi in cui fino a poco tempo prima lo stesso alimento era gradito.
Nel corso dell’età evolutiva esistono numerosi passaggi di crescita intellettiva a cui corrispondono atteggiamenti legati alla maturazione, alla consapevolezza di Sé e allo studio dell’ambiente sociale che determinano rifiuti di alimenti poco graditi. Il modo di autoaffermarsi può passare anche da un no espresso indirettamente attraverso una proposta alimentare ed è l’esempio che accade ai più piccoli spesso al passaggio dalla scuola dell’infanzia alla primaria; oppure nei ragazzi più grandi attraverso una presa di posizione nei confronti di un adulto di riferimento nel caso di un adolescente in crisi con la famiglia, oppure ancora nei confronti di una scelta sociale o culturalmente mediata nel caso in cui la presa di posizione sfociasse in una scelta alimentare più estrema e considerata socialmente attraente come uno stile di vita vegetariano o vegano o semplicemente estremista.
Nel caso in cui il rifiuto si ponga nei bambini e non desti preoccupazioni sanitarie (determinate da un semplice esame del sangue e/o da un calo ponderale) il mio consiglio è sempre di proporre in tempi diversi gli alimenti più ostici accontentandosi di un timido assaggio quando possibile proprio per evitare che il comportamento “problema” diventi uno strumento di potere impropriamente ingigantito e trasformi il momento di convivialità del pasto in un momento vissuto male e carico di aggressività che nel tempo potrebbe realmente avere un ruolo nei disturbi alimentari veri e propri.
Nel caso in cui il rifiuto sia da parte degli adolescenti il ruolo dell’adulto dovrebbe essere quello di ascolto rispetto alle loro motivazioni ed una volta seriamente informati sulle conseguenze di una scelta venissero accompagnati perché quella scelta non costituisca un danno sanitario nei casi di scelte di stili di vita avvalendosi dell’aiuto di un esperto dietista o nutrizionista. Molto spesso si assistono invece da parte degli adulti di riferimento a paternalistici sermoni o avvilenti sarcasmi che negli adolescenti ne aumentano solo la determinazione.
Se quindi la selettività o il rifiuto di alcune categorie alimentari (le verdure per eccellenza) può essere considerato “normale” ad alcune tappe evolutive, vi sono altri campanelli d’allarme a cui difficilmente accede un genitore ma a cui si dovrebbe prestare seria attenzione. In tutti i casi è sempre l’aspetto riguardante la salute il primo campanello a cui è impossibile non fare riferimento per cui sempre di fronte ad un veloce calo ponderale o a frequenti svenimenti o cattive digestioni o malesseri intestinali, deve seguire un accertamento medico al di là delle scuse o rimostranze dei ragazzi. I genitori sono spesso gli ultimi a venire a conoscenza del problema mentre è utile poter confrontarsi abitualmente tra genitori degli amici dei figli o con gli insegnanti che hanno oltre alla competenza e ad un canale privilegiato alla loro conoscenza, una distanza emotiva maggiore. Quando si pensa ad un problema alimentare si pensa quasi per associazioni di idee all’anoressia ma in realtà statisticamente non è che una delle molteplici problematiche. Più spesso si assiste ed aumenti ponderali che sono altrettanto indice di problemi importanti ed in alcuni casi nascondono distimie o depressioni quando accompagnati ad atteggiamenti di ritiro sociale e chiusure.
Poi ci sono le fobie che possono in alcuni casi anche introdurre e creare atteggiamenti anoressici, spesso queste sono state determinate da episodi in cui il ragazzo non solo quindi capita nel bambino (sebbene nella fasci delle primarie siano i casi pi frequenti ) abbia avuto la percezione di un soffocamento provocato da una cattiva ingestione di un qualche alimento. In questo caso se il problema persiste dopo giorni, di solito l’evitamento legato all’alimento in questione si allarga ad altri alimenti fino a rendere in momento alimentare un vero incubo da parte del soggetto interessato e dell’intera famiglia e a poco servono ragionamenti o spiegazioni scientifiche. Esistono poi i problemi riguardanti atteggiamenti compulsivi legati al cibo per cui si assistono a veri e propri rituali che vengono messi in atto dal soggetto e spesso imposti dallo stesso all’intera famiglia che suo malgrado quando accondiscende ne diventa complice. In questi casi invece l’atteggiamento giusto è quello di non assecondare il ragazzo evitando di cedere alle sue pretese e semmai a piccole dosi boicottandolo il più possibile.
Nei casi citati il problema è comunque difficilmente invisibile sebbene da parte della famiglia vi sia spesso una difficoltà nel prenderne atto come forma difensiva, vi sono però disturbi più subdoli come la bulimia o il vomitino in cui il soggetto potrebbe non applicare nessun tipo di evitamento o ritiro sociale, anzi può apparire come estremamente desiderabile e socialmente attivo ma mette in atto meccanismi di dissimulazione degne del migliore illusionista oppure per coprire il malessere imbastisce trame da spy story. Questi sono sicuramente i casi più difficili da smascherare e quindi i più subdoli da individuare, ma esistono anche in questo caso campanelli d’allarme cui un genitore moderno dovrebbe fare caso. Ad esempio questi ragazzi tendono ed evitare di mangiare in famiglia per cui ogni scusa è buona per non farsi vedere mangiare, nascondono spesso provviste o lasciano prove del loro passaggio alimentare inquietante arrivando successivamente a lunghi digiuni a saccheggiare frigoriferi e dispense, oppure a lasciare involucri di merendine o altro nei posti più impensati come cassetti, scarpiere, librerie, vecchie borse. E’ utile infine in questi casi in cui è comune provocarsi il vomito per sedare i sensi di colpa e/o sentirsi di nuovo vuoti verificare che non abbiano tagli nelle mani procuratesi negli spasmi soprattutto nei soggetti più giovani e meno esperti e quando si ha l’opportunità di consumare un pasto in loro compagnia assicurarsi che nei successivi 30/40 minuti non si rechino al bagno per vomitare, difficilmente lo faranno successivamente perché allora l’atto sarebbe più doloroso essendo cominciata la digestione.
Inutile nasconderlo, i genitori di oggi hanno molti più atteggiamenti problema cui fare attenzione riguardo ai loro figli, dispongono però, rispetto al passato, di molti più aiuti specialistici cui è bene rivolgersi quando si crede che un figlio sia inciampato su uno di questi con la consapevolezza ben chiara che individuare un comportamento problema è il primo passo per risolverlo.